Battere o combattere la concorrenza? Lo stai facendo (forse) male. È il caso di un negozio di Mirandola, in provincia di Modena, protagonista di un episodio che è arrivato all’attenzione della Federconsumatori e non solo.
Pochi giorni fa, una ragazza è entrata nel negozio di articoli sportivi ed ha chiesto di provare un paio di scarpe. Fin qui nulla di male, ma la notizia è che le è stato chiesto di pagare 10 euro per farlo.
La ragazza, sorpresa dalla richiesta, ha rifiutato di pagare ed ha anche dichiarato che non era stato affisso alcun segnale o cartello che informasse i clienti della “tassa”, sostenendo che sia stato poi affisso nei giorni successivi.
Diversa è la versione del titolare del negozio, secondo il quale il cartello era esposto giò all’interno del negozio da più di un anno e la “tassa” ha lo scopo di arginare i “furbetti” che provano le scarpe soltanto per acquistarle online ad un prezzo più basso.
« È una forma di tutela per noi commercianti, per dissuadere le persone a provare un buon numero di scarpe senza acquistarne alcuna se non online, scontate. In tanti fanno così ormai e quindi mi sono ispirato alla catena americana ‘Foot Locker’, che stanca di far lavorare inutilmente i commessi ha appeso il cartello, ottimo deterrente, all’interno dei suoi megastore. In questo modo si paga la consulenza fornita dal dipendente ».
Tra i due litiganti, Federconsumatori ha preso posizione sulla “tassa” spiegando che si tratta di una richiesta che ha i suoi pro e contro (c’è chi ritiene legittimo pagare una sorta di consulenza all’acquisto e chi no) e, soprattutto, si è schierata nettamente rispetto alla necessità di segnalare in maniera chiara ed evidente, già all’ingresso esterno di qualsiasi esercizio commerciale, la presenza della “tassa” stessa.
Allo stesso tempo, Federconsumatori riconosce che il tema sollevato dal titolare ha una rilevanza reale, poiché non sono poche le persone che fotografano merci e dati tecnici entrando in negozio, un segnale chiaro dell’intenzione di usare il negozio come fonte di informazioni per poi acquistare il web ed un comportamento che va vietato o almeno regolamentato.
Come detto in apertura, forse la “tassa” di 10 euro non è esattamente il modo migliore per battere o combattere la concorrenza online e potrebbe sarebbe più utile comprendere sempre meglio i bisogni e le intenzioni dei clienti e dei potenziali clienti, offrendo un servizio differente che possa sfruttare i vantaggi della relazione dal vivo rispetto alle offerte online: se il tema ti interessa, dai un’occhiata alla categoria Marketing nella nostra libreria.
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